Siccome lavoro nel settore del gambling, qualcuno potrebbe pensare che questo post sia relativo al link building in questo settore e basta.
NO! Sto parlando del link building fatto in qualsiasi settore. L’unico “limite” che metto a questa attività, per considerarla black hat, è che sia fatta da un SEO. Quindi, potrei riformulare il titolo di questo post in questo modo:
Il link building fatto da un SEO è black hat!
Riesco già ad immaginare molti SEO storcere il naso, pronti ad elencare tutta una serie di strategie di link building che non sono affatto SEO. Se avete voglia di seguire il mio ragionamento, keep calm e continuate a leggere.
Il mio ragionamento, infatti, non guarda tanto ai vari modi (alcuni validissimi, altri discutibili, altri ancora ripugnanti) per acquisire link, ma guarda all’evoluzione del marketing online, inclusa l’arte del posizionamento sui motori di ricerca.
Io che di SEO ne faccio parecchio e (ormai) da parecchio tempo, credo fortemente che:
In un mondo perfetto, non ci sarebbe bisogno dei SEO.
Siccome non siamo in un mondo perfetto, la figura del SEO è più che importante: è essenziale. Infatti, tutti hanno bisogno di un SEO perché troppo spesso:
- chi sviluppa il sito web non sa come farlo ottimizzato per i motori di ricerca;
- chi scrive i contenuti non sa scriverli in maniera ottimizzata per i motori di ricerca;
- chi scrive i contenuti non sa scriverli in maniera tale da riuscire a generare sufficiente interesse ed apprezzamento da attirare link spontanei;
- chi si occupa di social media non ne ha proprio un’idea di tutti gli aspetti tecnici della faccenda;
- chi si occupa di marketing troppo spesso si affida a Google Pagerank e ad Alexa Rank (sigh!) per determinare l’importanza di un sito;
- chi si occupa di web analytics quasi sempre non è nemmeno una figura contemplata!
- chi si occupa di conversion rate… chi? eh? lasciamo perdere…
Il SEO (quello bravo, ovviamente, non il truffatore da 99€ per il posizionamento su 1000 motori di ricerca) sa fare tutte queste cose, e quindi le fa (ammesso e non concesso che il tempo a disposizione permetta di lavorare per dieci). Le fa, ma non dovrebbe! Dovrebbero essere altri a fare tutte queste attività. Queste, e molte altre.
E tra le “molte altre” rientra ovviamente l’attività di link building.
Il problema è che, se tale attività viene fatta da un SEO, viene fatta con l’unico obiettivo di ingannare gli algoritmi dei motori di ricerca. E questo è inevitabile, perché un SEO pensa sempre ai motori di ricerca (attenzione, ho detto “sempre”, non “solo”).
Il link building dovrebbe essere fatto quasi inconsciamente da copywriter, PR, social media manager, etc. Solo così, non essendo fatto con l’obiettivo di aumentare il ranking sui motori di ricerca, sarebbe white hat.
Google fino ad oggi ha esplicitamente condannato come contro le linee guida soltanto i link scambiati e quelli acquistati (splog e commenti spam non li considero nemmeno, mi pare ovvio).
Google oggi incentiva l’acquisizione di backlink tramite la creazione di contenuti interessanti. Ma anche i sassi sanno che creare contenuti di qualità non garantisce nulla in termini di link building e quindi in termini di ranking (anche se quando si tratta di parole chiave non competitive non c’è bisogno di molti backlink per avere un buon ranking).
Di conseguenza, serve molto più che la sola creazione del contenuto. Ma in assenza di figure (di qualità) che si occupino di marketing a 360°, toccherà al SEO promuovere quei contenuti.
Oggi può ancora andar bene così, ma domani?
Emanuele dice
In un mondo perfetto le aziende dovrebbero avere una capacità d’ascolto tale da produrre solo prodotti/servizi che soddisfino una esigenza reale prima e meglio dei concorrenti. La promozione e la vendita sarebbero solo una logica conseguenza.
In un mondo imperfetto (per alcuni versi anche piacevole proprio perchè tale) le aziende (non tutte, ma una buona parte, a mio avviso) dedicano molto più tempo e risorse a cercare di farsi pubblicità piuttosto che a migliorare/innovare/ascoltare.
Fare link building, in questo senso, è perfettamente coerente con lo stato delle cose.
Detto questo, non biasimo affatto (e non voglio nemmeno apparire come l’anima candida…) chi forza la mano ai motori di ricerca: ho visto soluzioni anche molto eleganti di link building. Tanto di cappello (bianco, nero, grigio: è uguale).
Ciò che contesto all’ambiente SEO è l’inevitabilità con cui viene presentata la link building. Perchè, a mio avviso, non è inevitabile: è solo una scelta strategica. In alcuni casi Aziendale (perchè investe poco nel prodotto/servizio e quindi tenta di compensare con la visibilità, forzandola) ancor prima che SEO. In altri casi per pigrizia (o scarsa lungimiranza) del SEO.
Dario dice
Sono proprio contento di essere inciampato in questo articolo.
Complimenti. Ho a che fare spesso con Seo o presunti tali per i progetti di E-Commerce che seguo e spesso mi trovo nelle condizioni di chiedere al Seo di essere meno Seo e alle aziende di essere più aziende! 🙂
Fradefra dice
Per quanto mi riguarda, la odio, prima muore, meglio è.
Il che non vuol dire che io non la consideri importante 🙂
gcristofaro dice
Concordo pienamente con Fradefra che la link building costruita è odiosa, triste.
Stefania dice
Stefano, hai scritto un bell’articolo, ma non sono completamente d’accordo con te. Non tutto il link building è black hat, in particolar modo per quei seo (come me) che cercano di “acquisire” (o meglio ricevere) link producendo contenuti di alto livello e interessanti. Secondo me non è nemmeno giusto demonizzare la strategia di link building tra le strategie marketing di un’azienda. E qui non si tratta di “ingannare” nessuno, neanche l’algoritmo di google. Se un’azienda nel settore turistico fa link building (black o white hat che sia) e sta sempre alle prime posizioni, prendendosi tutto il traffico e i guadagni non pubblicizzati, allora mi chiedo, cosa devono fare tutte le altre aziende? lasciare l’egemonia di guadagno a questa? purtroppo così è il mercato e il mondo non è perfetto. In un mondo perfetto non ci sarebbe nè guerra nè fame nè ladroni…ecc.ecc. e neanche noi seo probabilmente 🙂
Stefano Gorgoni dice
@Fradefra finché Google la considera importante, non possiamo che adeguarci alle regole del gioco. Arriverà però secondo me il giorno in cui Google non avrà più bisogno di considerare i BL per determinare chi merita di stare su e chi merita di stare giù 🙂
@Stefania finalmente qualcuno mi scrive chiaro e tondo di non essere d’accordo 😉 Ma temo che invece siamo già d’accordo. Infatti tu scrivi ” cercano di “acquisire” (o meglio ricevere) link producendo contenuti di alto livello e interessanti”. Benissimo e giustissimo. Ma quindi non è lavoro da SEO. È lavoro da copywriter/content editor + eventualmente PR/social media.
E l’eventualmente si spiega facilmente: nel momento in cui viene scritto un contenuto di qualità su un sito sconosciuto, serve comunque farlo scoprire in giro. Ma se lo stesso contenuto venisse pubblicato su un sito già forte di suo, non avrebbe neanche più bisogno di promozione 🙂 (immagina ad esempio se questo articolo venisse pubblicato su un Seomoz o un Search Engine Land).
Sulla seconda parte del tuo commento, ovvero sul come contrastare chi fa link building ed è già ai primi posti… beh, io non dico di non fare link building; dico solo che è black, qualsiasi sia la tattica usata 🙂
Stefania dice
Grazie per la risposta Stefano, forse in parte hai ragione. Io sono content editor e specialista Seo, il che però, secondo me, oggigiorno è strettamente legato. Faccio SEO con contenuti, articoli, racconti, video, foto, tutto content di alto livello. In una presentazione interessantissima di Rand Fishkin all’ultima conferenza SEO di Londra, dal titolo Content strategy vs Link building, Fishkin spiegava chiaramente come la strategia del Contenuto (white hat) sia la più efficace, sebbene “a lungo tempo”, rispetto ai vecchi metodi di linkbuilding (black hat). Per cui produrre buoni contenuti con lo scopo di ricevere “followers e BL” è fare SEO (e non solo PR), in modo pulito. E ciò non ha niente a che fare con i metodi di link building black hat. Spero tu comprenda il mio punto di vista 😉
(che non nascondo di aver usato agli inizi della mia carriera di SEO e prima che google facesse i suoi updates) ma preferisco
Stefano Gorgoni dice
Ma io sono d’accordissimo che la strategia del contenuto sia di gran lunga migliore 🙂
Contesto che chi crea questo grande contenuto debba essere un SEO, o – meglio – debba essere chiamato SEO.
Tu, infatti, sei “content editor e specialista seo”. Bene, quello che dico io è che in un mondo perfetto tutti dovrebbero essere specialisti SEO nella loro area di competenza. Un content editor dovrebbe essere SEO nel sapere scrivere anche per i motori, un PR dovrebbe essere SEO nel creare relazioni con siti forti, etc 🙂
Benedetto Motisi dice
Sono d’accordo.
Anche perché, letteralmente, Link Building cos’è se non “costruzione di link”? Più artificiale di così, soltanto il sorriso di Carcarlo Pravettoni.
Inoltre, è anche una gran rottura di scatole farla. Condivido i sentimenti di Fradefra e il fatto che comunque non si può ignorare.
Permettetemi di aprire tre riflessioni:
1) Seppure sono dell’idea che deve morire gonfia e ci sono vari segnali “umani” che Google sta aggiungendo, come fa un motore di ricerca che ha nel suo cuore il PageRank (inteso come calcolo del posizionamento delle pagine e non come barretta verde) a dimenticare totalmente la sua essenza?
2) Fosse per me, Content Marketing e qualità tutta la vita. Ma in certi settori, tipo che so, quando il cliente è uno che ha la fabbrica di infissi o di rulli per rotocalchi che ti inventi per avere link naturali? Non è tutto entertainment , le realtà delle PMI vanno oltre a una fetta dove è facile poter essere divertenti.
3) Stica le definizioni. Ci definiamo SEO per inquadrarci in un qualche modo ma a conti fatti con la complementarietà di varie aree potremmo anche dirci Inbound Marketer. O Gggente che lavora sur Ueb. Fate vobis, è un po’ come stare a pensare se gli Iron Maiden sono Heavy Metal o New Wave of British Metal 😀
Adriano De Arcangelis dice
Bel post Stefano. Non saprei dire così su due piedi se sono d’accordo o meno, ma la link building fa parte della mia vita e quando non ci sarà più (inevitabile, ma non subito) non starò certo li a piangere.
Ma io quanto te mio caro abbiamo basato molti anni della nostra vista su questa attività 😀
Ricordo ancora quando a un raduno (html?) del 2005 (?) raccontavi come vendevi page rank 5 e come lo ottenevi (il video se non sbaglio è ancora in circolazione)
e io che ero li quel giorno, pensavo, beh Stefano è padrone dei link almeno quanto me 😀 (che di pr ne avevo a quintali).
Dire che è black hat è vero, ma è vero anche che di per se se vai a vedere anche i casino e i siti di scommesse (su cui percarità ho lavorato e mi sono discretamente arricchito anche io) sono black almeno quanto la link building.
Al di la del mezzo, anche li porti delle persone a scommettere sapendo che perderanno per la legge dei grandi numeri 😀
Poi vedo grossa differenza tra fare link building e imbrattare i muri della città, la città è di tutti, google è di Google Inc.
Detto questo esprimo forse per la prima volta pubblicamente la mia stima di te e del tuo operato, da tempi in cui a definirci SEO ci guardavano con occhi strizzati 😀 😀
La link building è artificiale